I miei 15 anni di storia … fino ad oggi
La mia storia inizia da una visita di rinnovo del cartellino della Federazione Italiana di Basket a quei tempi facevo molto sport, nel tracciato ECG si presentavano delle extrasistole; sotto sforzo le extrasistole non erano presenti mentre al recupero o defaticamento l’ECG segnava delle triplette.
Ho fatto così la mia prima visita approfondita e inquadramento della mia malattia, diagnosi: ventricolo sinistro dilatato e cardiomiopatia dilatativa.
Passano alcuni anni dove la mia malattia viene monitorata con holter cardiaci mensili; anni in cui io continuo a fare sport ma non più a livello agonistico.
Passa poco tempo da quando mi è stata diagnosticata la cardiomiopatia e ho la prima aritmia durante una serata estiva in bicicletta con tutti i miei amici.
L’Ospedale Riuniti di Bergamo mi ha spiegato che una parte degenerativa della mia malattia è l’aspetto elettrico che è molto comune nelle cardiomiopatie. Mi è stato installato il primo ICD a 17 anni, un nuovo tipo monocamerale e quindi con un solo catetere. L’impianto è stato installato ricavando una tasca nel muscolo grande pettorale, di modo che io potessi “nascondere” il dispositivo agli altri e ai miei coetanei, sapere di essere malato al cuore e di non poter far più molte cose è stata difficile da digerire.
La vita va avanti e non ho più aritmie, continuo a fare sport di tutti i tipi non più a livello agonistico in quanto cardiopatico.
Iniziano i veri problemi; shock ripetuti da parte dell’ICD senza avere aritmie ma solo un ritmo accelerato fisiologico del cuore. I primi 5 shock mi cambiano la vita, sapendo che il defibrillatore scaricava solo all’aumento del battito cardiaco mi metteva una paura inconscia per tutto e in tutto. Sono stati fatti molti tentativi di taratura del dispositivo nella maniera più idonea al mio corpo, ma per qualche anno ho avuto dalle 6 alle 12 scosse dove solo una aritmia è stata curata!
Solo in quel momento i dottori mi hanno spiegato che la mia vita era in pericolo e che il mio ICD, curando l’aritmia, me l’aveva salvata.
Dopo le ripetute scariche mi è stato cambiato il dispositivo e si è optato per mettere bicamerale e quindi un device con due cateteri di modo che l’ICD si potesse adattare in “modo intelligente” al mio corpo e al mio bisogno.
Le cose non sono comunque cambiate o meglio sono diminuite, se il dispositivo veniva tarato in una determinata maniera usciva sempre un problema, i settings sono diventati minuziosi.
Continuato a vivere con il terrore di scosse e con la paura di sentire dolore, ma sono anche cresciuto con la consapevolezza di avere un salvavita che potesse intervenire quando il mio cuore aveva dei problemi.
Con la mia crescita, la malattia evolveva e da lì a poco è subentrato il grosso problema della fibrillazione atriale che dapprima veniva curata dal mio ICD con una scala velocissima di stimolazione che mi riportava al mio ritmo sinusale. Queste stimolazioni non erano dolorose, ma molto fastidiosee in quanto, anche in uno stato di quiete, l’ICD interveniva, quando non riusciva a curare la fibrillazione e il ritmo andava fuori soglia anche stimolato dallo stesso ICD allora scaricava.
Arrivò il primo ricovero, lungo 6 mesi, dove si sono svolte indagini e mappatura del cuore tramite i cateteri per individuare la zona su cui intervenire con l’ablazione. Dopo diverse ore di intervento e di studio non si è riusciti a trovare il focus perché epicardico e quindi fuori sulla “parete” del cuore.
Sono stato così trasferito all’ospedale Monzino dove il dottor Della Bella mi ha sottoposto ad una ablazione epicardica.
In questa occasione i dottori hanno trovato il focus e per la prima volta mi è stato detto: “Abbiamo risolto il problema”. Ero felicissimo, dopo 6 mesi era la notizia che aspettavo … ero davvero stanco.
Ma, anche se la situazione sembrava risolta, i problemi non spariscono e in questi anni, per i ripetuti shock cambio nuovamente il defibrillatore e, visto che i test sottosforzo che facevo ogni 3 mesi, andavano sempre peggiorando, si è scelto di sottopormi al cateterismo destro.
Da questo momento in poi, almeno ogni anno, venivo ricoverato per indagare cosa mi era successo e perché il defibrillatore aveva scaricato. Ho passato anche un compleanno in reparto di cardiologia … ma ero comunque contento, un po’ stanco, ma la mia vita andava avanti.
Ho viaggiato quando potevo, ho frequentato l’università, ma, là dove per alcuni poteva essere una passeggiata io mi sono impegnato due volte di più per portare a casa i risultati; ho fatto i miei progetti, ma purtroppo non ho potuto fare tutte le cose da sognatore quale sono.
Cercavo di essere il più normale possibile e di nascondere alle volte la mia malattia; non accettavo di esser diverso, non accettavo di essere più delicato degli altri, non accettavo di non poter “fare” perché non potevo, ne risentiva la mia vita e alle volte mi rinchiudevo nel mio mondo, un mondo che io amo; un mondo di quiete … perchè fuori era difficile stare.
È il 2016 quando la situazione è diventata davvero ingestibile: le aritmie erano molte e la mia situazione era peggiorata.
Erano già passati due anni dall’inserimento in lista di trapianto, grazie agli infermieri che mi raccontavano le storie dei cardiotrapiantati
La “notizia” dell’inserimento in lista è stata una cosa positiva, un po’ per la stanchezza di questi anni e un po’ per la voglia di incominciare a vivere con tranquillità, al solo pensiero di tutto questo ero contento ed ero sollevato.
Anche l’aiuto psicologico mi è stato molto di aiuto, l’importanza dell’operazione in sè la comprendevo e un po’ di paura era presente in me ma aspettavo la chiamata dei dottori per il mio trapianto.
Dopo alcuni esami e uno stato diffuso di malessere mi è stata rilevata un ipertiroidismo da cordarone farmaco che prendevo da anni; i valori erano altissimi e sono stato ricoverato in quanto le ultime aritmie era molto probabile che si potessero attribuire a questo problema.
Il farmaco per ipertiroidismo non faceva effetto in quanto il cordarone era essenziale per me, dopo mesi di ricovero è stato deciso di togliere il cordarone e di lasciare la mexitelina.
Ma la mia malattia mi stava riservando ancora delle sorprese!
L’ultimo mio ricordo è di una mattina: molto presto ho mandato un messaggio alla mia mamma di cui ricordo la sua risposta … ma da lì in poi non ricordo più nulla.
Mi sono svegliato 10 giorni dopo con una persona che conoscevo bene che piangeva di felicità e un cardio anestesista che mi spiegava cosa mi era successo.
L’ECMO mi ha salvato la vita, mi ha tenuto in vita per quei 10 giorni in cui ho aspettato un cuore nuovo, la mia percentuale di farcela era del 30% con arresto di 80 minuti.
Sono stato otto mesi in terapia intensiva dove, sotto la guida del primario dott. Lorini, i medici mi hanno curato dopo tutte le varie complicazioni che ho avuto.
In quegli otto mesi ero l’amico, il fratello e a volte il figlio di tutti gli operatori che “giravano” intorno al mio letto. Sono stato ricoverato nel reparto di cardiochirurgia dove hanno continuato a curarmi e a riabilitarmi per un totale di un anno e mezzo di degenza all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Da lì in poi ho potuto vivere la mia vita con tranquillità e con ancor più felicità di quella che avevo prima.
Una cosa è certa senza i miei genitori e mio fratello probabilmente avrei fatto molta più fatica, nonostante tutto loro ogni giorno mi ricordavano cosa mi aspettava fuori da quelle mura. Così é stato … non hanno mai mentito.
Ti ho raccontato i miei problemi, le paure, la felicità di vedere il sole e del del mio compleanno con un cuore nuovo che mi poteva far vivere con tranquillità, le feste che abbiamo passato insieme e le persone che ho conosciuto. Il 2017 è stato per me l’anno della rinascita.
Nasce così ECMO per la Vita ONLUS dove io e i miei compagni di percorso vecchi e nuovi ci stiamo impegnando per far sì che il trattamento ECMO sia dato nel momento in cui sia necessario e sopratutto aiutare tutte le famiglie, i pazienti e i bambini che stanno passando da questo lungo cammino.
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