La mia avventura in ECMO
Erano i primi di marzo del 2016, godevo di buona salute, se non per un recente abbassamento delle difese immunitarie. Era un periodo, infatti, in cui mi ammalavo spesso: raffreddori, tosse, mal di gola…e da poco mi era stata diagnosticata una connettivite indifferenziata una malattia reumatologica autoimmune.
E’ iniziato tutto con una banale influenza: dopo quattro giorni a letto con febbre e soliti sintomi influenzali, nella notte del quinto giorno, ho iniziato ad avere un dolore costante al petto e agli arti superiori. Giunto il sabato mattina, sono andato al pronto soccorso dove mi sono stati diagnosticati i sintomi di un infarto cardiaco, la situazione è parsa subito grave.
Sono stato trasferito all’ospedale di Seriate, dove mi è stata fatta con urgenza una coronarografia al cuore, le mie coronarie erano perfette ma il cuore soffriva e non si capiva perché.
Per aiutare il cuore a pompare il sangue, mi è stato applicato un contropulsatore aortico. Sentivo ogni battito amplificato, era una sensazione strana, stavo davvero male e sentivo le forze svanire. Dopo un giorno i miei parametri vitali stavano precipitando, il cuore era pieno di liquido sieroso, vedevo i medici preoccupati e continuavo a svenire, passando continuamente dagli incubi ad una realtà che era ancora peggio.
L’ultima frase che ricordo è stata: “Dobbiamo trasferirlo a Bergamo con urgenza“, poi una serie di lunghissimi incubi indescrivibili e il buio da cui non riuscivo ad uscire. Era domenica notte. I giorni seguenti, fino al mio risveglio (avvenuto dopo dodici giorni di coma farmacologico), mi sono stati raccontati dai miei familiari.
Arrivato a Bergamo avevo la funzionalità cardiaca molto bassa (f.e. 10%). I medici della terapia intensiva decisero di mettermi in coma farmacologico sotto ECMO per tenermi in vita.
Non erano ancora note le cause del mio problema al cuore, fino a quando si capì, dopo due giorni di coma (martedì), che il virus dell’influenza era arrivato fino al cuore, provocando un’infezione del miocardio. Avevo una miocardite acuta.
Dopo alcuni giorni il mio cuore ha iniziato a rispondere alle cure, così i medici hanno potuto ridurre progressivamente la funzionalità dell’ECMO facendo riprendere quella cardiaca, fino a quando è stato possibile rimuovere il contropulsatore aortico (che mi ha tenuto in vita nel trasferimento da Seriate a Bergamo) e successivamente anche l’ECMO: ormai il mio cuore aveva ripreso a battere da solo! Subito dopo l’estubazione ed infine il risveglio.
In questa fase ero totalmente confuso e staccato dalla realtà: ero convinto di essere stato internato in una clinica degli orrori, soffrivo di ogni tipo di allucinazione, pensavo che stessero facendo esperimenti sul mio corpo.
Dopo un paio di giorni tornai lucido e finalmente iniziavo a capire quello che mi era accaduto realmente. Osservavo la precisione e la dedizione del personale medico della terapia intensiva, persone straordinarie che fanno ogni giorno un lavoro eccezionale, lottando contro il tempo.
Il giorno seguente venni trasferito nel reparto di cardiologia dove iniziai il mio percorso di recupero. Avevo perso gran parte della massa muscolare, avevo enormi flittene ad entrambe i talloni, enormi ematomi alle cosce e mi sentivo davvero debole. In quel momento pensavo alla fortuna di avere quarant’anni, immaginando la fatica che fanno le persone più anziane a riprendersi fisicamente da simili eventi. Ero preoccupato di rimanere con un cuore debole, ma i medici mi rassicuravano dandomi sempre buone notizie. La mia guarigione proseguì rapidamente dal momento in cui riuscii ad uscire dal letto e riprendere a camminare autonomamente.
In quei momenti è stato fondamentale il supporto fisico e morale delle mie sorelle Romina e Barbara, dei miei genitori, e la vicinanza dei miei amici più cari, senza di loro sarebbe stato davvero difficile.
Penso molte volte che nella sfortuna di quello che mi è successo, ho avuto la fortuna di essere a Bergamo, di essere al Papa Giovanni XXIII e ora, di essere ancora qui a raccontare tutto questo.
Posso solo ringraziare tutto lo staff medico di Bergamo e Seriate che ha fatto davvero il massimo per rimettermi in piedi, la ricerca e tutte le persone che negli anni hanno lavorato e che tutt’ora si impegnano per mettere a punto la tecnologia che mi ha tenuto in vita, l’ECMO.
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